Phnom Penh non è una città che si ama a prima vista, qui i turisti restano un giorno o due mentre sono in transito da/per i templi di Angkor. Il traffico è caotico ed il clima spesso umido con temperature che tendono al rovente. Se Phnom Penh non ha il fascino evocativo di altre città asiatiche, per contro non ha nemmeno una storia millenaria. Ma allora perché amare Phnom Penh? Ce lo spiega Milton Osborne in un libro molto interessante: Phnom Penh. A cultural and literary history.
La Phnom Penh di Milton Osborne
Milton Osborne ha vissuto diversi anni a Phnom Penh in qualità di diplomatico, rimanendo poi legato alla capitale cambogiana per tutta la vita, seguendone le assai travagliate vicende. Phnom Penh diventa capitale della Cambogia solo nel 1866, quando i francesi decisero di stringere il controllo sul Mekong, nel tentativo di aprire una rotta commerciale tra i loro possedimenti nell’odierno Vietnam e la Cina. Sotto la colonizzazione francese la città crescerà, sino ad essere rinomata in tutto il sud-est asiatico.
L’eredità che Phnom Penh si assume diventando capitale è grande. Alle sue spalle si erge Ankgor, il cui spirito aleggia tutt’ora in ogni angolo di Cambogia, ma anche Angkor Borei, capitale del poco conosciuto ed antico regno di Funan. Terminati, per mano siamese, i fasti dell’impero khmer, capitale divenne Udong e lo rimase per secoli. Fu, come detto, per la politica francese che Phnom Penh divenne capitale, pur avendo una posizione periferica nel paese. Ma non va dimenticato che parte della fu Cambogia si trova oggi in Vietnam.
Milton Osborne ci accompagna lungo i meandri della Storia di Phnom Penh, regalandoci numerosi aneddoti e citando un’infinità di opere letterarie che vedono la capitale cambogiana come protagonista. Gli spunti di interesse sono molteplici, si va dall’urbanistica all’antropologia, dalla Storia alla politica, nulla sembra sfuggire alla rassegna di Osborne, impegnato con tutte le sue forze a valorizzare una città a lui molto cara. Il panorama che l’autore ci offre rappresenta in realtà uno spaccato della storia dell’intero sud-est asiatico.
Imprese di avventurieri, spesso spagnoli e portoghesi, che precedettero le colonie vere e proprie, convivenza di diverse comunità, a Phnom Penh soprattutto cinesi e vietnamiti. Inoltre lo sviluppo urbano che ancora oggi mostra le influenze stilistiche di chi ha retto la città. L’opera di Milton Osborne rappresenta una lettura coinvolgente ed acuta, lontana dal pietismo e dalla tragedia che avvolgono molte delle storie scritte su Phnom Penh. Certo gli anni dei khmer rossi sono stati estremamente difficili per la città, ma il passato va superato.
La Phnom Penh di oggi
Oggi Phnom Penh vive in costante tensione con Siem Reap, forse il vero cuore economico della Cambogia. Tuttavia a Phnom Penh risiede il potere politico, che in Cambogia si distingue poco da quello finanziario. La città sembra essere in costante ricerca di una sua identità, che non sia semplicemente quella di essere una sosta sulla via per Angkor oppure il Vietnam. Oggi Phnom Penh è sicuramente il centro delle contraddizioni del paese, dove la modernità si affaccia su distese di poveri e contadini migrati nella capitale in cerca di fortuna.
Ma quale sarà il futuro di Phnom Penh? Osborne non lo dice, ma molto dipenderà dal futuro della stessa Cambogia. Perché la capitale possa diventare qualcosa di più che una tappa per i turisti diretti altrove, serve un serio piano di progettazione, reso difficile dal fatto che la Cambogia sembra avere una classe politica troppo legata ad interessi personali, un gruppo di persone che reggono il paese attraverso clientelismo e corruzione. Nel frattempo diamo una possibilità a Phnom Penh ed apprezziamo quello che ha da offrire, ne vale davvero la pena.
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